Socialista per tradizione e per convinzione, Leonardo Trento è stato tra i protagonisti del "Modello Oliverio", che ha governato la provincia di Cosenza negli ultimi 10 anni. Il 41 enne cariatese, infatti, ha ricoperto nella giunta presieduta dall'aspirante governatore della Calabria, il ruolo di Assessore all'urbanistica ed al governo del territorio. Un incarico di primo piano e non facile, svolto con passione impegno e merito, ottenendo apprezzamenti unanimi. Esponente del Partito Socialista italiano, oggi è lui, anche in virtù dell'esperienza maturata in questi anni, a rispondere ai nostri quesiti ed a offrire un quadro abbastanza chiaro delle proprie idee.
D.: Sono anni che la Provincia di Cosenza non riesce ad esprimere un governatore della Calabria, anche e soprattutto perché le candidature di peso vengono assegnate dai partiti ad altre province. Senza voler essere campanilisti, Le piacerebbe che i partiti di centrodestra e di centrosinistra calabresi puntassero su un esponente della provincia cosentina quale candidato alla presidenza? Ed, eventualmente, se la sente di fare qualche nome?
R.: Sto ribadendo, non da oggi ma da mesi, che vi è necessità di condividere, confrontandosi seriamente con tutti i territori, un percorso programmatico, di metodo, sui contenuti e sulle emergenze che questa regione eredita irrisolte da decenni. Nella situazione drammatica nella quale versa oggi la nostra terra, agli ultimi posti di tutti gli indicatori di sviluppo, onestamente l’ultimo problema da porsi è quello della provenienza territoriale o meno del futuro Governatore. È soltanto sui contenuti, sulla credibilità o meno di programmi alternativi al fallimento plateale del centro destra e sulla capacità di saper interpretare quel radicale cambiamento di rotta richiesto dai calabresi che dovrebbe incentrarsi un vero confronto politico per la guida della prossima giunta regionale. E per offrire quelle garanzie, sulle quali l’elettorato calabrese, soprattutto quello giovanile, questa volta non farà sconti a nessuno, non serve affatto la residenza dell’eventuale candidato a Governatore.
D.: Cosa serve alla Regione Calabria per essere realmente produttiva?
R.: Quattro cose semplicissime, ma che richiedono, nel prossimo Governatore e nella sua squadra, la riconoscibilità coerente di quelle caratteristiche e garanzie cui accennavo prima: 1) una ristrutturazione della programmazione comunitaria con una individuazione differenza delle misura di spesa che eviti innanzitutto la frammentazione delle risorse; 2) una revisione in chiave meritocratica e generazionale dell’attuale dirigenza regionale; se c’è un’ipoteca sui prossimi esecutivi regionali è quella di una burocrazia autoreferenziale, frenante ed incapace di svolgere il ruolo per cui viene pur lautamente pagata; questo è uno spreco di cui non abbiamo più bisogno; 3) una diffusa capacità di ascolto dei territori di tutte e cinque le province; non dobbiamo passare dal Reggio-centrismo di Scopelliti & C. al Cosenza-centrismo o altre formule neo-medioevali di concezione della politica o del governo di una regione che è invece grande, estesa e complessa; serve, al contrario, saper leggere e governare tutte le emergenze ed al tempo stesso tutte le infinite opportunità di sviluppo che tutti i territori hanno e rivendicano; dobbiamo saper ridare competitività complessiva al sistema ed al brand Calabria, settore per settore; 4) sottrarre, soprattutto i fondi europei, alla burocrazia regionale, dimostratasi inetta su questa grande occasione miseramente persa (da decenni, non soltanto negli ultimi anni!); la nuova giunta regionale dovrà , quindi, avere come propria priorità il suo riposizionamento intelligente nelle dinamiche e nelle sedi comunitarie, a Bruxelles e la formazione di una élite di giovani euro-progettisti ai quali affidarsi per evitare di perdere anche i fondi della programmazione 2014-2020. Da queste premesse di metodo e che devono tracciare una inversione di tendenza si dovrà partire – e questo è il quarto punto – per rivedere completamente la programmazione regionale del fondi europei, avendo come obiettivo l’azzeramento del gap infrastrutturale attuale.
D.: Etica e politica: secondo lei gli inquisiti del Consiglio Regionale dovrebbero dimettersi?
R.: Il mio punto di riferimento resta la Costituzione della nostra Repubblica e, quindi, il diritto di difesa e la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. E su questo principio e metodo di civiltà giuridica non credo possano essere consentite eccezioni, tanto più se forzate, come accade ciclicamente nel nostro Paese, da ondate di giustizialismo mediatico. Credo e confido sempre nella distinzione dei ruoli e dei poteri all’interno del nostro ordinamento. Ciò detto, sulla classe politica incombe oggi soprattutto un onere che va anche oltre il dettato costituzionale o l’applicazione dei codici: bisogna saper fare pulizia all’interno degli stessi partiti e movimenti e comunque presentare all’elettorato rappresentanti lontanissimi da qualsiasi forma di sospetto.
D.: Lei crede che un Consigliere Regionale sia privilegiato rispetto a indennità , benefit e vitalizi?
R.: Va rivisto complessivamente il costo della politica o, se si preferisce, il costo della democrazia in questo Paese. Non faccio sicuramente parte di quelli che sventolano populisticamente il vessillo dell’azzeramento di quei costi, che sono fisiologici e che garantiscono un eguale accesso alle cariche elettive pubbliche senza distinzioni economiche. Vanno riviste certamente le indennità dei consiglieri regionali e soprattutto la spesa fino ad oggi incontrollata destinata ai gruppi consiliari, dimostratasi in molti casi purtroppo un odioso e vergognoso privilegio, anche e soprattutto in Calabria! Vi sono delle indagini in corso e credo ne vedremo delle belle! Una cosa è certa, se si chiedono sacrifici all’intera comunità nazionale, è obbligatorio che la Politica, nel suo insieme dia il primo e concreto esempio di tagli e sacrifici. Cosa che purtroppo oggi non sta facendo.